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AI Act: impatti concreti su soluzioni P8

Dalla valutazione del rischio ai dossier di conformità: come progettare soluzioni digitali “AI-ready” nella Priorità 8, tra innovazione etica e regole chiare

L’AI Act rende più prevedibile lo sviluppo di soluzioni di intelligenza artificiale nella PA e nelle imprese: chiede di classificare i casi d’uso, documentare come i modelli sono addestrati e valutati, spiegare limiti e rischi agli utenti, e monitorare le prestazioni nel tempo. Per i progetti della Priorità 8 (governance digitale e deep tech) ciò significa integrare la compliance fin dall’analisi di fattibilità, così da accelerare gli acquisti, evitare rilavorazioni e sostenere un’innovazione realmente responsabile.

Indice

1. Il sistema di classificazione del rischio (e dove ricadono i progetti P8)

L’AI Act usa una scala di rischio che va dai sistemi vietati (pratiche che minano i diritti) ai minimi (libera circolazione), con al centro i limitati (obblighi di trasparenza) e gli ad alto rischio (requisiti più stringenti). In P8, molte soluzioni tipiche – ad es. analisi documentale automatica, supporto alle decisioni amministrative, computer vision per sicurezza di infrastrutture, modelli predittivi per servizi pubblici – ricadono spesso tra limitato e alto rischio a seconda dello scopo, del contesto e dell’impatto sui diritti.

Testo ufficiale del Regolamento: Reg. (UE) 2024/1689 – AI Act.

2. Trasparenza e informazione agli utenti: cosa serve davvero

Per i sistemi a rischio limitato l’obbligo chiave è dire in modo chiaro quando si interagisce con un sistema di IA, quando vi sono contenuti generati/sintetici e quali sono i limiti del modello (ambiti in cui può sbagliare). Per i sistemi ad alto rischio la trasparenza si estende a: finalità del sistema, set di dati di addestramento e di test (descritti, non necessariamente pubblicati), misure per mitigare bias, soglie operative e qualità dei dati, procedure di reclamo e tracciamento degli eventi (log).

Buona pratica P8: nella UX delle soluzioni PA, inserire un “foglio informativo” sintetico: cosa fa il modello, quando può sbagliare, chi è responsabile, come segnalare anomalie. È semplice ma spesso decisivo per fiducia e adozione.

3. Dossier tecnico: i contenuti minimi da preparare

Il dossier tecnico (o technical file) è la “scatola di documenti” che dimostra la conformità. Prepararlo prima dell’avvio in esercizio riduce notevolmente i tempi di audit e di acquisto. I contenuti essenziali:

  • Descrizione del sistema: obiettivi, ambito d’uso, diagramma di componenti e flussi dati.
  • Dati: provenienza, criteri di qualità, trattamento, bilanciamento classi, data lineage.
  • Modelli: scelte algoritmiche, iperparametri, versioning, explainability adottata.
  • Valutazione: metriche (accuracy, precision/recall, F1, AUC, MAE…), test di robustezza e di generalizzazione, limiti noti.
  • Rischi e mitigazioni: rischi per diritti fondamentali, safety, sicurezza informatica; misure tecniche e organizzative.
  • Monitoraggio: piani di post-market monitoring, soglie di allerta, gestione dei drift, procedura di ritiro/sospensione.
  • Governance: ruoli e responsabilità (provider, deployer), registro decisioni, formazione utenti.

4. Conformità: flussi decisionali e responsabilità (provider vs deployer)

Provider (sviluppatore/fornitore)

Cura la valutazione di conformità del sistema, redige e mantiene il dossier, applica procedure di qualità, garantisce sicurezza, robustezza e misure anti-bias. Aggiorna la documentazione a ogni versione rilevante.

Deployer (utilizzatore/PA o impresa)

Usa il sistema nel contesto definito, controlla che i dati locali siano idonei, addestra o configura dove previsto, monitora prestazioni ed effetti, informa gli utenti finali e conserva i log secondo policy.

Nei progetti P8, la catena di responsabilità si chiarisce contrattualmente: chi aggiorna il modello, chi gestisce incidenti, chi decide lo stop in caso di degrado. Un RACI semplice evita ambiguità in esercizio.

5. Appalti e contratti: clausole essenziali per la PA

  • Classificazione del rischio dichiarata e motivata dal fornitore.
  • Consegna del dossier tecnico e dei model cards (anche in forma riservata) prima del collaudo.
  • Metriche di accettazione e piani di monitoraggio post-go live (soglie, allerta, reporting).
  • Governance dei dati: qualità, sicurezza, auditabilità; gestione di bias e reclami.
  • Aggiornamenti modello: cadenza, impatti, re-training su dati locali, versioning e rollback.

6. AI responsabile: sicurezza, diritti, ambiente e pari opportunità

L’AI Act non è un freno, ma un metodo per incorporare valori pubblici nell’innovazione. Nei progetti P8 conviene esplicitare, accanto alla compliance, tre impegni concreti:

  • Diritti e uguaglianza: prevedere test di impatto su gruppi diversi, con attenzione alla parità di genere e all’accessibilità.
  • Clima e risorse: scegliere modelli efficienti, misurare consumi e carbon intensity del training/serving.
  • Capacità amministrativa: formare i team (tecnici e decisori), standardizzare i template documentali, condividere le lezioni apprese.

Conclusione

Per la Priorità 8, l’AI Act è una leva di qualità: chiarisce dove stanno i rischi, quali informazioni dare e come dimostrare che un sistema è sicuro e affidabile. Progettare con la classificazione in mano, predisporre un dossier essenziale e definire la governance tra fornitore e utilizzatore consente a PA e imprese di ridurre incertezze, accelerare gli acquisti e portare sul territorio un’innovazione etica e misurabile.

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Questi articoli e contenuti sono da considerarsi informativi e sperimentali, realizzati con il supporto dell’intelligenza artificiale.
Non sostituiscono i canali ufficiali: si invita a verificare sempre le fonti istituzionali della Regione Autonoma della Sardegna.

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