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Green software e digital sustainability

Misurare e ridurre l’impatto dei sistemi digitali: dalle infrastrutture ai microservizi, con metriche trasparenti e scelte architetturali sobrie

La sostenibilità digitale non è solo “data center efficienti”: è una disciplina di progettazione che abbraccia codice, dati, rete e hardware. Per PA e imprese (Priorità P8), significa adottare architetture e pratiche che misurano e riducono energia e CO₂e senza sacrificare qualità del servizio. Per le PMI (Priorità P1), è un vantaggio competitivo: meno sprechi, più autonomia, costi prevedibili.

Indice

1. Metriche che contano: energia, carbon e efficienza

La prima regola è misurare. A livello applicativo, due grandezze sono chiave: energia per richiesta e CO₂e per richiesta. Il calcolo si appoggia a fattori di emissione del mix elettrico e alla ripartizione dei consumi tra componenti (compute, rete, storage). Un riferimento pratico per la stima della “carbon intensity” del software è la Software Carbon Intensity (SCI) della Green Software Foundation.

Per l’efficienza delle infrastrutture, restano utili gli indicatori del data center (es. PUE, WUE, REF) già adottati nel Codice di Condotta UE; ma il focus di prodotto richiede metriche “a grana fine” sul ciclo di vita del software.

2. Infrastrutture più sobrie: cloud, edge e data center

Le scelte infrastrutturali determinano gran parte dei consumi. Autoscaling orizzontale, spegnimento programmato dei cluster di notte, istanze a consumo su workload elastici e edge computing per tagliare traffico inutile riducono energia e costi. Anche l’hardware conta: processori efficienti per carichi intensivi, acceleratori usati solo quando portano beneficio netto, politiche di riuso e vita utile estesa per ridurre l’impronta embodied.

3. Software eco-compatibile: design e ottimizzazione

Architettura

Microservizi “giusti”, non troppi: ogni hop, serializzatore o coda aggiunge costi energetici. Backpressure e rate limiting evitano picchi che sprecano risorse.

Prestazioni

Profila CPU, memoria e I/O prima di ottimizzare. Cache applicative e memoization riducono elaborazioni ripetute; lazy loading e compressione limitano trasferimenti in rete.

Front-end e UX

Asset leggeri, immagini adattive, font locali: meno byte, meno energia. Spesso la sostenibilità coincide con una UX più rapida.

4. Dati “leggeri”: archiviazione, query e ML

Il dato pesa se non è governato. Classi di storage adeguate, retention minima, indici e query ottimizzate tagliano consumi. Nel machine learning, modelli distillati, quantization e RAG mirato riducono calcolo in addestramento e in inferenza. Evitare il “tutto in tempo reale” quando il batch basta: spesso è la leva più efficace.

5. Governance, procurement e rendicontazione

Per PA e imprese, la sostenibilità digitale va resa contrattuale: capitolati e SLA includono obiettivi su kWh e CO₂e per servizio erogato, criteri di portabilità e piani di right-sizing periodico. La rendicontazione usa indicatori condivisi; per i data center si possono riprendere le linee guida del JRC, mentre a livello software è bene dichiarare boundary di calcolo, fonti e ipotesi del modello.

Conclusione

Il “green software” non è un’etichetta ma un modo di progettare: meno complessità inutile, misure trasparenti e cicli di ottimizzazione continui. Con metriche a livello applicativo e scelte infrastrutturali coerenti, P8 può orientare piattaforme e servizi efficaci e sobri, mentre P1 aiuta le PMI a ridurre sprechi e differenziarsi anche sui mercati attenti all’impronta ambientale.

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Questi articoli e contenuti sono da considerarsi informativi e sperimentali, realizzati con il supporto dell’intelligenza artificiale.
Non sostituiscono i canali ufficiali: si invita a verificare sempre le fonti istituzionali della Regione Autonoma della Sardegna.

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